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AMBIENTI DEL MONASTERO

La Chiesa rimonterebbe alla prima metà del sec. XIII e come rettoria fu dotata di molti beni con un opera per l'amministrazione di medesimi e con la casa del rettore che era obbligato alla residenza per prestare tutta l'assistenza religiosa ai parrocchiani. Restò parrocchia fino al 1533 quando un gruppo di giovani montecatinesi decisero di appartarsi dal mondo per fondare il monastero. La chiesa è ricordata fra i templi dello stile romanico sorti nel 1200. La Chiesa è senza dubbio di impianto romanico a doppia navata con abside a catino. Purtroppo pur conservando all'esterno i caratteri primitivi la Chiesa ha subito all'interno delle modifiche che denunziano epoche distanti. Una scritta ricorda che vi furono fatti già restauri nel '300. Le sovrapposizioni sono dal 600 all'800. Di notevole interesse è l'organo con l'antico coro di stile barocco. Qui finiscono i dati storici, ma una cosa è certa e che va al di sopra dello storico. L'arte si adegua ai bisogni dello spirito, la nostra chiesa non ha un carattere trionfale, nessuna croce gemmata, o pavoni, la nostra chiesa nella sua essenzialità evoca agli occhi dei fedeli i misteri del mondo spirituale.


Entrando in chiesa si respira subito il senso del sacro, sentiamo innalzare il nostro spirito al di sopra di ogni preoccupazione umana. Alla parete centrale uno stupendo Crocifisso che attira come in un abbraccio divino: siamo di fronte a sofferenza e morte, un mistero di amore profondo. Al centro del Presbiterio c'é un semplice altare romanico in pietra che ci invita alla mensa eucaristica. Tutta la Chiesa è pervasa da una tenue luce emanata da una monofora trilobata romanica riscoperta e riporta alla sua forma originale. La grande cancellata che riquadra l'antichissima porta della chiesa anch'essa romanica chiude il coro monastico in cui si conserva la S. Eucarestia. L'inpianto è a due navate e a detta degli storici, pare che in Italia ve ne siano solo due, una delle quali è la nostra. Gli archi romanici della seconda navata da noi riscoperti si presentano interrotti e solo uno appare integro l'insieme però è sufficiente a farci rivivere quella linea sobria e austera tipica del periodo in cui fu costruita. Sembra ardito, ma il cuore canta e pensa alle infinite preghiere ascoltate da quelle mura e la nostra interiorità si apre lentamente come un volto ristorato da una freschezza desiderata. Il nostro intimo viene capovolto come le immagini lo sono in uno specchio d'acqua.


La nostra biblioteca è l'ambiente che permette ad una tradizione di conservarsi fra le varie circostanze della vita. La biblioteca è l'ambiente, in cui, fra l'alternarsi delle vicende umane, di miseria e di prosperità, fa rimanere stabile l'istituzione. Apogeo, declino, decadenza e... poi ripresa. Siamo dotate di libri: fondo antico e moderno e di computer che permettono di informatizzare in rete la nostra Biblioteca. Qualcuno potrebbe guardare con occhio superficiale e considerare il PC un superfluo. Ma la nostra funzione di monache non altro che un legame che vogliamo lanciare alle generazioni future. Non abbiamo messo in Biblioteca un oggetto in più, e nemmeno abbiamo voluto soddisfare la voglia umana, del mondo attuale e nemmeno avere il solo gusto di conservare. Abbiamo solo il desiderio di vivere e trasmettere. Pur adeguandoci ai tempi odierni, rimane fermo e saldo il concetto primordiale degli "Scriptoria Monastici" in cui il monaco/a "amanuense" copiava i testi sacri. Perché le idee contemplative rimangano giovani è necessario, ad ogni generazione, pensarle e scoprirle come se fossero nuove: e, la tradizione benedettina, almeno fino ad oggi, non è venuta meno a questo dovere.


Nel fornire i dati all'elaboratore, teniamo presente (e speriamo anche le generazioni future lo facciano) di tornare alle fonti col cuore e la mente: niente cambia, il nostro stilo attuale si chiama: computer!. E' solo un mezzo che rimane puramente marginale: la nostra mente si inchina a colui che lo ha inventato e, di fronte a questa piccola grandezza il pensiero si riposa nella infinita grandezza di Dio. San Gregorio Magno grande Papa benedettino afferma:" il Verbo incarnandosi, ha deposto la sua eterna verità nei vasi che la storia modella, ed ogni epoca, per gli uomini che devono conservarla nel loro cuore, poi trasmetterla, con le parole, che hanno appreso dalla loro civiltà. Per amorem agnoscimus"! Adesione dello Spirito che non è frutto di uno sforzo della comprensione, ma bensì: Un gustare, un assaporare una SAPIENZA e non una scienza. La conoscenza contemplativa è una conoscenza mediante l'amore che arricchisce la fede da cui sgorga. Perché le idee contemplative rimangano giovani è necessario, ad ogni generazione, pensarle e scoprirle come se fossero nuove: e, la tradizione benedettina, almeno fino ad oggi, non è venuta meno a questo dovere.


 

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